Ci sono sculaccioni che non fanno male? Il “no” dal Telefono Azzurro

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 30/11/2018 Aggiornato il 30/11/2018

Il professor Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, ancora una volta sottolinea che i bambini non vanno piegati ma guidati. La strada va loro indicata con autorevolezza e affetto, senza mai e in nessun caso alzare le mani.

Una domanda di: Mariagiulia
Mio marito sostiene che qualche scappellotto sia educativo, trasmetta un messaggio importante e favorisca l’obbedienza. Lui dice che l’importante è non fare del male, dopodiché ritiene che il valore simbolico delle botte abbia un grande valore per insegnare la differenza tra il bene e il male. Così quando nostro figlio di cinque anni fa qualcosa che non va, lui ricorre alle mani. Non gli fa male, però comunque io leggo negli occhi del mio bambino il riflesso della paura e a mia volta ne ho paura. Io non vorrei che mio marito picchiasse il bambino, perché non sono sicura che ci siano botte che fanno bene e che solo se fanno male fisicamente facciano male. Potete aiutarmi a trovare la risposta? Aggiungo che quando vedo mio marito alto quasi due metri che si china per sculacciare il mio nanetto mi sento letteralmente male…

Risponde il professor Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro:
“Cara mamma,
c’è un principio a cui tutti i genitori dovrebbero ispirarsi: il bambino non va piegato ma guidato. Le botte, anche se non provocano un vero dolore fisico, sono un gesto violento che può segnare profondamente un bambino, che può lasciare ferite, anche a lungo termine, nel suo animo proprio perché suscita una reazione di paura. I bambini non devono avere paura dei loro genitori, mai e in nessun caso. I bambini devono guardare ai genitori con fiducia, sicuri di trovare in loro una sponda che li sostiene con affetto, mostrando quale strada è giusto seguire. Non è una vittoria ottenere che un figlio obbedisca perché ha paura di ricevere le botte (fossero anche solo uno scapaccione). Credere che il ricorso a una qualunque forma di aggressione (anche verbale) possa essere una scelta educativa vincente è in realtà spesso espressione di una fragilità dell’adulto e di una sua difficoltà di trovare altre modalità per risultare autorevole (e non autoritario). Le do un consiglio: chieda a suo marito di immedesimarsi nel bambino, nel momento in cui decide di ricorrere alle mani, fermandosi prima di farlo. Gli chieda di immaginare che cosa vostro figlio può provare in termini di disorientamento, mortificazione, timore, quando arriva lo schiaffo o lo scapaccione. In genere, questo processo empatico permette di vedere al di là delle proprie convinzioni, per poi cercare fino a trovare un modo diverso per ottenere obbedienza dai figli. E’ così che diventa possibile risultare agli occhi dei figli equilibrati e credibili. E’ così che si gettano le basi per un rapporto di fiducia che negli anni critici dell’adolescenza, quando la trasgressione, il “disobbedire” diventano tappe quasi essenziali dello sviluppo, può realmente impedire che il figlio assuma quei comportamenti rischiosi tanto temuti dai genitori. Con cordialità.”

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