A due anni perché non parla ancora?

Dottoressa Daniela Biatta A cura di Dottoressa Daniela Biatta Pubblicato il 12/08/2020 Aggiornato il 17/08/2020

Fino ai tre anni di età, una volta esclusi deficit di qualsiasi natura, si può ipotizzare la non grave condizione di "parlatore tardivo"

Una domanda di: Erasmo
Mio nipote ha due anni e non parla ancora: come mai?
Daniela Biatta
Daniela Biatta

Gentile nonno,
il primo aspetto da tener presente nell’ambito dello sviluppo del linguaggio del bambino è la variabilità individuale: ogni bambino conquista le tappe principali del linguaggio e della capacità comunicativa in tempi differenti, anche s eè vero che ci sono tappe che se tutto va bene devono essere raggiunte nelle varie fasce di età. Indicativamente:
a 6-7 mesi compare la lallazione, ovvero pronuncia le prime sillabe (la, ba, da, ta); a 8-13 mesi si osserva l’utilizzo di gesti comunicativi : indicare, mostrare, porgere;
a 14 mesi arrivano le prime parole e a 18-24 mesi le prime piccole frasi. Intorno ai 30-36 mesi le frasi diventano più complesse, articolate, correlate tra loro.
Le cause del ritardo della comparsa del linguaggio non sono ancora chiare. E’ stato evidenziato che circa l’11-13 per cento dei bambini di età compresa tra i 18 e i 36 mesi presenta un ritardo nella comparsa del linguaggio espressivo.
Il primo specialista da interpellare è il pediatra, visto il legame diretto dello sviluppo delle abilità linguistiche con lo sviluppo generale del bambino: la prima cosa da fare, infatti, è quella di escludere che il ritardo sia dovuto a particolari anomalie, come per esempio un deficit dell’udito.
Generalmente vengono presi come riferimento massimo i 3 anni di età: oltre questa età si può diagnosticare un ritardo di linguaggio vero e proprio. Prima di quest’età, una volta esclusi deficit particolari, il bambino viene definito “late bloomers”, cioè parlatore tardivo. Significa semplicemente che lo sviluppo del linguaggio è lento rispetto alla norma, in assenza di deficit sensoriali, cognitivi e relazionali. I parlatori tardivi hanno generalmente un vocabolario espressivo inferiore a 50 parole e/o a 24-30 mesi la mancanza di combinazione di due parole in un unico enunciato.
L’essere un parlatore tardivo non comporta per forza un’evoluzione negativa infatti è possibile che il bambino recuperi spontaneamente il linguaggio senza la necessità di un trattamento specifico.
Al contrario può essere che, pur migliorando lentamente, mantenga delle competenze comunicative-linguistiche più fragili rispetto al gruppo dei pari, presentando per esempio un vocabolario ridotto, confusione tra i suoni e fatica a organizzare una piccola frase.
Tra questi il disturbo persisterà anche oltre i 6 anni comportando possibili difficoltà nell’acquisizione degli apprendimenti di lettura e scrittura con l’ingresso alla scuola primaria.
Il logopedista è il clinico che effettua un accurato esame del linguaggio attraverso strumenti e competenze specifiche e condivide con i genitori un percorso di monitoraggio e/o di stimolazione.
E’ importante utilizzare uno stile comunicativo famigliare propositivo, caratterizzato da poche richieste e poche correzioni, in caso di parole pronunciate male.
Occorre essere dei buoni modelli centrando la comunicazione sugli interessi del bambino, nominando gli oggetti che vediamo o usiamo, parlando di ciò che stiamo facendo, utilizzando frasi brevi, proponendo più volte la stessa parola “ vuoi la palla…dov’è la palla… che bella la palla rossa”.
Porsi alla sua altezza in modo che possa vedere le nostre espressioni, i movimenti della bocca, la gestualità del corpo che accompagna il linguaggio ad esempio tenerlo sulle ginocchia fare facce buffe e strane imitando ad esempio il verso degli animali, è importante che il bambino si diverta e che si senta partecipe all’interazione.
Nonni, genitori e qualunque altra figura di riferimento dovrebbero guardare con il bimbo libri di figure, indicando ogni immagine con il dito e poi nominandola.
In generale, è consigliabile che il bimbo abbandoni entro i 24 mesi il succhiotto e il biberon perché il prolungato utilizzo di entrambi influisce sulla corretta postura e tonicità della lingua, che potrebbe tradursi in una serie di problemi tra cui il rallentamento nello sviluppo del linguaggio, difetti di pronuncia e non meno importanti problemi di tipo ortodontico (alterazioni di denti e palato). Con cordialità.

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