Bimba che rifiuta la mamma

Dottoressa Angela Raimo A cura di Dottoressa Angela Raimo Pubblicato il 13/05/2019 Aggiornato il 13/05/2019

E' importante capire da cosa nascono gli atteggiamenti di rifiuto e ribellioni del bambino, ma lo è altrettanto impedirgli, con affettuosa fermezza, di compiere gesti aggressivi nei confronti dei genitori.

Una domanda di: Antonio
Vorrei richiedere una cortese valutazione di massima della nostra situazione: cercherò di riportare gli elementi salienti al fine di ottenere una vostra risposta.
Bambina: 20 mesi, frequenta il nido da 7, manifesta aggressività con rifiuto e anche calci alla madre, particolarmente quando il padre è presente. Questo accade dall’età di 9 mesi.
Madre: 37 anni, lavoratrice a tempo pieno. Preoccupata per la situazione, avverte forte senso di colpa.
Padre: 42 anni, probabilmente iperprotettivo.
Manifestazione: la bambina alterna periodi di normale affettività a periodi di rifiuto o addirittura violenza nei confronti della madre.
La bambina presenta un carattere energico, attenta all’ambiente che la circonda, sembra possedere una spiccata intelligenza motoria e analitica, sta sviluppando le capacità linguistiche a livello basico. La situazione comincia a destare le preoccupazioni di entrambi i genitori, assieme alla frustrazione materna del rifiuto che apparentemente è legato alle situazioni di separazione.
La bambina spende con i genitori tutto il tempo durante il quale non frequenta il nido (8:00 – 16:00) poiché non è nostro uso affidarla ai nonni.
La situazione ci disorienta alquanto poiché sembra fuoriuscire dai canoni più comuni.
Grazie anticipatamente.
Angela Raimo
Angela Raimo

Caro papà, in primo luogo bisognerebbe capire quando la bambina non ha comportamenti conflittuali nei confronti della madre, visto che lei riferisce che alterna i momenti di rifiuto con momenti di “normale affettività”, per poi cercare di comprendere che cosa la destabilizza e che cosa invece le dà serenità. Va detto poi che lei parla di questa piccolina con accenti che suggeriscono il rischio che vostra figlia sia da voi stessi etichettata, nel bene e nel male. Sia cioè imprigionato nel ruolo di bambina violenta quando attribuire violenza a una bimba così piccola è come minimo inopportuno. Lei parla però di “intelligenza analitica”: creda è un po’ presto per una simile competenza, mentre è corretto aspettarsi uno sviluppo del linguaggio di base, cioè l’impiego di alcune parole ed eventualmente di qualche breve frase di senso compiuto. Lei parla anche di aggressività (a partire addirittura dai 9 mesi!) e questo davvero è insolito riferito a un bambino: al massimo potrà fare molti capricci. Lei racconta che la bimba tira calci e questo non le deve essere assolutamente permesso. Quando lo fa, occorre abbracciarla con affettuosa determinazione dicendole con tono fermo “No, non si fa!”. Diversamente c’è il serio pericolo di conferire a questa piccolina un potere enorme, destinato a tradursi in un fardello insostenibile. I bambini hanno bisogno di regole e di paletti e di avere ben chiare le indicazioni su quello che si fa e quello che non si fa. Una bimba che prende a calci sua madre (e a cui viene concesso di farlo) non può crescere serena, perché appunto le si garantisce un’onnipotenza che può solo rivelarsi dannosa per il suo equilibrio futuro. Venendo ai sensi di colpa della mamma, non ho ben capito perché li nutre: forse perché lavora? O c’è altro? Non vorrei mai che sopportasse gli atteggiamenti della bambina quasi per un senso di espiazione: se questo accadesse sarebbe opportuno trovare al più presto un modo per uscirne. Per quanto riguarda lei, non so cosa intende per essere iperprotettivo, in ogni caso dall’esterno lo scenario in cui si muove questa bambina non è dei migliori. In più, non ha la possibilità di stare con i nonni e questo non è certo un vantaggio, perché i nonni sono figure affettive importanti, che danno sicurezza, amore, insegnamenti, sponde certe che fanno sentire i bambini accuditi e protetti. Infine mi chiedo cosa dice il vostro pediatra curante della situazione e se durante i controlli ha rilevato qualcosa di anomalo nei comportamenti della bambina: provare a confrontarsi con lui può essere una buona idea. Il mio consiglio è, comunque, senz’altro quello di rivolgervi a una psicoterapeuta famigliare, allo scopo di farvi aiutare a trovare nuove modalità per contenere le intemperanze della vostra piccina e stabilire con lei una relazione affettiva più producente per tutti. Mi scriva ancora, se lo desidera. Con cordialità.

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