Bimbo di 6 anni che a scuola si rifiuta di fare pipì

Dottoressa Angela Raimo A cura di Dottoressa Angela Raimo Pubblicato il 30/01/2024 Aggiornato il 05/02/2024

Se il bambino è così a disagio all'idea di usare i servizi durante le ore di scuola da trattenere per ore e ore la pipì, è con le insegnanti che occorre cercare un modo per aiutarlo a vincere il suo blocco emotivo.

Una domanda di: Veronica
Salve, sono la mamma di due bambini di 6 e 4 anni. Il mio figlio maggiore non vuole fare la pipì a scuola durante tutto il giorno. Dice che vuole farla solo a casa, gli dà fastidio essere visto dagli altri bambini e anche dall’insegnante. Ha paura di essere sgridato dall’insegnante se rimane troppo tempo in bagno e ha anche paura di bagnare il pavimento… Ad agosto dello scorso anno abbiamo perso la nostra casa, dove abbiamo vissuto negli ultimi 4 anni, perché siamo stati sfrattati. Il bimbo ha sofferto tanto, non voleva andare al bagno dell’altro alloggio, poi con tanta pazienza abbiamo risolto questo problema, adesso a casa fa tutto bene, ma a scuola niente. Negli ultimi mesi abbiamo affrontato due traslochi e abbiamo cambiato scuola. Il bambino non beve a scuola per non fare la pipì, spesso non mangia a pranzo perché non gli piace. Quando torna a casa è molto nervoso, piange, ha problemi intestinali e dorme male. Mi prega di non portarlo a scuola per l’intera giornata. Come posso aiutarlo? Si può portare il bambino a scuola per l’intera giornata durante tutta la settimana? Grazie. Saluti.
Angela Raimo
Angela Raimo

Cara signora, quello che descrive non è un problema da poco ed è corretto che lei non lo sottovaluti. Le prime cose di cui accertarsi in simili casi (meno rari di quanto lei potrebbe pensare) è che i bagni siano puliti, che ci sia la possibilità di chiudere (anche se non a chiave) la porta e che le insegnanti non mettano alcuna fretta ai bambini nel momento in cui usano il servizio, ma anzi si dimostrino gentili , accudenti e pazienti. Visto che suo figlio è solo a scuola che non vuole usare il bagno, non c’è altra via che coinvolgere le insegnanti per concertare insieme a loro il da farsi. Naturalmente occorre stare molto attenti a non mortificare il bambino, quindi la cosa migliore è chiedere un colloquio privato durante il quale lei spiegherà cosa sta succedendo. Anche le insegnanti dovranno tenere conto dei disagi che ha vissuto suo figlio a causa dei vari traslochi per poi cercare la strategia migliore anche alla luce di questo. Certo, l’ideale sarebbe che il bambino potesse recarsi in bagno liberamente, non quando lo decidono le insegnanti, perché fare la pipì a comando non è facile per nessuno, meno che mai per un bambino che già sta vivendo una situazione emotiva critica, ma capisco che per questioni logistiche questa soluzione sia poco praticabile. Mi permetta una divagazione: tanti anni fa ho conosciuto una maestra elementare che concedeva ai bambini di recarsi in bagno in qualunque momento, quindi durante la lezione, pronunciando solo un semplice “chiedo permesso” (affermativo, non come domanda). Lo poteva fare perché davanti alla sua aula c’era la postazione del bidello che si era assunto il compito di vigilare sul bambino che andava in bagno. Bene: questa insegnante, dopo avermi detto che la sua scelta nasceva dalla convinzione che i bambini non devono subire l’umiliazione di chiedere di andare ai servizi e meno che mai di sentirsi rispondere con un “no, ora non puoi andare”,  mi assicurò che mai neppure una volta nei sui 35 anni di insegnamento c’era stato un bambino (o una bambina) che aveva approfittato del privilegio concesso. Perché mostrando rispetto si viene ripagati con la stessa moneta e questo vale anche con i bambini. Certo ora i tempi sono cambiati, e non è più possibile permettere ai bambini di uscire soli dall’aula, anche perché mica davanti a tutte le classi c’è un bidello a vigilare, ma questa piccola storia rimane e mi piace ricordarla qualche volta. In generale, il bambino va comunque accompagnato in bagno quando vanno gli altri, però sarebbe importante che le maestre si mostrassero indifferenti verso il risultato: non va incalzato cioè con la domanda “allora hai fatto la pipì?”, perché si rischierebbe di accentuare la sua ansia. L’atteggiamento dovrebbe essere esattamente quello che si tiene a fronte di comportamenti del tutto naturali, che rientrano nella quotidianità e nella normalità. Vietatissimo sgridarlo nel caso in cui ci accorga che non ha fatto pipì, perché verrebbe ulteriormente destabilizzato. A casa lei ne può parlare, ma con tono allegro, lo stesso che potrebbe usare per chiedergli se ha mangiato la merenda. Perché non prova anche a suggerirgli di fare la pipì seduto, così potrebbe superare il timore di bagnare il pavimento (magari lo può “allenare” a casa): in effetti, non si tratta di cercare chissà quali sofisticate soluzioni, ma di trovare il modo per metterlo a suo agio al momento di usare i servizi a scuola. Indicazioni pratiche, dunque. Per quanto riguarda il rifiuto di mangiare a scuola, è importantissimo non insistere, lasciatelo fare (dica alle insegnanti di lasciarlo fare!), non c’è pericolo che la sua salute ne risenta, mangerà di più a colazione, a merenda e a cena. Infine, è auspicabile che le insegnanti gli permettano di mangiare quello che vuole, anche solo frutta, per dire, o solo il pane (che in genere è gradito anche ai più schizzinosi). Per quanto riguarda la sua ultima domanda “Si può portare il bambino a scuola per l’intera giornata durante tutta la settimana?”, purtroppo non ho capito che cosa intende dire. Mi tenga aggiornata se lo desidera, cordialmente.

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