È consigliabile effettuare il DNA fetale dopo il bitest?

Dottoressa Faustina Lalatta A cura di Dottoressa Faustina Lalatta Pubblicato il 17/02/2023 Aggiornato il 22/02/2023

Il test del DNA fetale può essere prospettato e scelto dalle donne/coppie nell'eventualità in cui dal bitest emerga un basso rischio di trisomia 21. In caso di alto rischio si può valutare, invece, l'opportunità di effettuare l'amniocentesi o la villocentesi.

Una domanda di: Sara
Buongiorno dottoressa e grazie dell’aiuto. Ho fatto il bitest e mi ha lasciato con l’amaro in bocca perché confrontati con quelli degli altri figli è molto diverso. Free beta hCG 47, 63 equivalente a 0.862 MoM Papp-a 1.508 equivalente a 0.635 Crl 72.9 Dbp 24.6 Sospetto di arteria ombelicale unica. I risultati sono stati i seguenti Trisomia 21 rischio di base risulta 1: 549 rischio calcolato corretto 1: 3835. Le altre trisomia sono state calcolate tutte inferiori a 1 su 20000. Mi lascia perplessa quella su trisomia 21. Dovrei fare il DNA fetale? O può essere considerato un buon valore? Grazie.
Faustina Lalatta
Faustina Lalatta

Gentile signora, ad ogni gravidanza corrisponde un figlio diverso! I dati non possono essere, per definizione sovrapponibili per tutte le gravidanze. In particolare i livelli ormonali placentari, che vengono valutati per calcolare le probabilità, risentono della specifica placenta e dell’ età della madre che, per definizione, non è mai la stessa. Nel suo caso, dopo il test combinato, il livello di probabilità che l’embrione possieda un’ anomalia dei tre cromosomi “bersaglio” è molto ridimensionato e deve guardarlo con fiducia. Soprattutto se lo spessore della TN, cioè la translucenza nucale, è risultato inferiore a 2.5 mm. La decisione di sottoporsi al test del DNA fetale non si deve basare tanto sulla probabilità ottenuta dopo il test combinato, ma deve essere eventualmente considerata per avere l’opportunità di individuare il così detto “falso negativo”. Il test combinato, infatti, anche quando mostra valori favorevoli, in un caso su 10 cioè nel 10% dei casi, non rispecchia la realtà del feto, soprattutto per la diagnosi di trisomia 21 (sindrome di Down). Questa limitazione, cioè l’impossibilità di identificare tutti i casi patologici, è insita nel concetto di screening. Il test del DNA fetale permette di escludere quasi completamente la possibilità del falso negativo, andando ad individuare la Trisomia 21 eventualmente sfuggita al test combinato. A seguito di un esito di basso rischio del DNA fetale, infatti, il valore predittivo esclusione raggiunge il 99%, come dire che sostanzialmente tutti gli embrioni che hanno la trisomia 21 sono stati individuati/esclusi. Quindi il test del DNA fetale pur non raggiungendo una diagnosi definitiva dell’embrione, ha una forte capacità di trovare la trisomia 21. Le rammento che la capacità del test di identificare le altre anomalie è nettamente inferiore. Per quest’ultimo motivo il test del DNA fetale non sarebbe assolutamente adeguato a fronte di alto rischio del test combinato perché sarebbe troppo limitato. La procedura corretta da discutere con la donna che ha ricevuto un test combinato ad alto rischio è il prelievo dei villi coriali oppure l’amniocentesi, per condurre una diagnosi più ampia. Il test del DNA fetale può essere prospettato e scelto dalle donne/coppie nei casi di screening a basso rischio come il suo. Altrettanto importante saranno però i controlli ecografici che devono documentare la normale conformazione dei diversi organi compresa la definizione del numero dei vasi del cordone ombelicale (due arterie ed una vena). Con cordialità.

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