Esami dell’udito in un piccolissimo e dubbi sui referti

Dottor Aldo Messina A cura di Aldo Messina - Dottore specialista in Otorinolaringoiatria Pubblicato il 19/07/2018 Aggiornato il 01/08/2018

Quanto emerge dall'esame dell'udito effettuato su un neonato, non è sufficiente per fare una diagnosi definitiva. Per quest'ultima occorre aspettare i sei mesi per i nati a termine e i 12 mesi per i piccoli prematuri.

Una domanda di: Stefania
Il mio bimbo di un mese ha eseguito i seguenti esami: potenziali evocati acustici e potenziali acustici per soglia.
Il motivo di questi esami è dovuto al fatto che mio marito è affetto da ipoacusia bilaterale.
L’esame dei pea ha rilevato quanto segue:
“Esame eseguito con stimolazione monoaurale con click alternati a frequenza di stimolazione 15 Hz, intensità di stimolazione 110 dB, mascheramento -40 dB. Per stimolazione in AU ds si registra un potenziale regolare, replicabile, con latenze assolute nella norma, segnalo aumento dell’intervallo interpicco I-V per età. Per stimolazione in AU sx si registra un potenziale regolare, replicabile, con latenze assolute nella norma, segnalo aumento dell’intervallo interpicco I-V e I-III per età. Esame compatibile con alterazione della via uditiva di tipo centrale bilateralmente per età.”
L’esame dei PEA per soglia ha rilevato quanto segue:
“Esame eseguito per ricerca soglia uditiva monoaurale con stimolazione da 110 dB Spl a scalare a 20-10 dB a sequenza e mascheramento contro laterale.
Soglia uditiva in AU ds: 50 dB Spl. Soglia uditiva sx: 40 dB Spl.”
Posso avere chiarimenti sui referti?
Grazie mille.

Aldo Messina
Aldo Messina

Cara mamma,
“Potenziali Evocati Acustici” è il significato dell’acronimo P.E.A., l’esame a cui è stato sottoposto il suo bambino. Si tratta di una metodica clinica audiologica che esamina i tempi e le modalità di trasmissione dell’informazione sonora in una specifica zona del sistema nervoso centrale: il tronco encefalo. Per questo i P.E.A. sono anche chiamati A.B.R. o Risposte Acustiche (evocate al) Brainstem che è il termine inglese che definisce il troncoencefalo.
Lo studio dei P.E.A.fornisce utili informazioni prioritariamente sulla funzionalità delle vie nervose uditive e, in secondo luogo, sulla soglia uditiva, seppur esaminata non utilizzando come stimolo il tono puro, come nell’audiometria classica, ma il “click”. Relativamente allo studio del tronco encefalo si ritiene che la presenza dell’onda I sia indicativa dell’attivazione del nervo uditivo, l’onda III del nucleo cocleare e la V del collicolo inferiore. Sono queste “stazioni” di passaggio e di analisi dell’impulso nervoso sonoro nel suo “ viaggio” dall’orecchio interno al cervello. Pertanto un aumento di latenza dell’ intervallo I – V sta a significare che l’impulso uditivo impiega, rispetto al normale, un tempo maggiore per percorrere la distanza tra due “stazioni”uditive. L’A.B.R. può aiutarci pertanto a identificare patologie del sistema nervoso centrale come la sclerosi multipla o il neurinoma dell’acustico (Schwannoma del vestibolare).
L’esame può essere eseguito senza la collaborazione dell’esaminato e trova pertanto vasta applicazione anche per definire la soglia uditiva nei bambini e negli adulti poco collaboranti.
Relativamente al caso in questione, gentile lettrice, lei segnala che l’esame è stato eseguito in quanto il papà del bambino è affetto da ipoacusia bilaterale. In realtà sarebbe stato utile sapere la sede di questo danno (sordità trasmissiva o neurosensoriale) e l’epoca in cui è insorto (sordità preverbale – prima di imparare a parlare – o dell’adulto?). Dall’esame eseguito è accertato che il bambino presenta un aumento “dell’intervallo I –III ed I–V e pertanto dei tempi di trasmissione dell’impulso uditivo nel sistema nervoso centrale. Allo studio di soglia si evidenzia inoltre un deficit uditivo pari a 50 dB (si scrive dB e non db poiché la B è l’iniziale di un cognome: Bell) per la via uditiva di destra e 40 per quella di sinistra. Si dovrebbe diagnosticare pertanto una sordità neurosensoriale di media entità con possibile danno delle vie uditive centrali.
Però, stante l’età del bambino (un mese), credo che per ora sia opportuno che lei e suo marito siate informati di questa possibilità: quanto rilevato oggi orienta un ipotesi, ma richiede senz’altro controlli successivi. La metodica dei P.E.A. infatti esamina, come detto, vie nervose e i risultati ottenuti possono essere condizionati dai tempi di maturazione di queste ultime. Nei neonati la maggior parte delle alterazioni uditive di questo tipo, se reversibili (a volte lo possono essere), si risolvono entro i primi 6 mesi di vita. Non mi ha detto però se il piccolo è nato prematuro. In questa eventualità la maturazione delle vie uditive avviene ancor oltre: a 12-14 mesi.
In conclusione nei bambini nati a termine si considera esaustiva una risposta PEA ottenuta al sesto mese, nei prematuri all’anno di vita.
E’ corretto comunque eseguire l’esame al primo mese di vita per potere monitorare al meglio lo sviluppo neurologico del bambino, consigliando nei casi di sospetta patologia un atteggiamento di “vigile attesa”. I successivi controlli andranno confortati dall’esame impedenzometrico e dallo studio delle otoemissioni acustiche e si concluderanno con una decisione diagnostica al sesto o, nei prematuri, dodicesimo mese di vita. In questa epoca, anche nei casi dubbi, al bambino risultato patologico ai test va applicata una protesi acustica per evitare che la mancata stimolazione sonora possa compromettere anche lo sviluppo dei centri del linguaggio. Resto a disposizione per eventuali altri chiarimenti. Mi tenga aggiornato, con cordialità.

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