Tre domande sulla clonazione

Professor Giovanni Porta A cura di Giovanni Porta - Professore specialista in Genetica clinica Pubblicato il 01/02/2018 Aggiornato il 01/08/2018

Le metodiche che consentono di clonare essere viventi impongono limitazioni etiche e a tutt'oggi non assicurano risultati soddisfacenti sotto vari aspetti.

Una domanda di: Giuliana
Caro Professore,
A proposito di clonazioni vorrei rivolgerle tre domande. La prima è: si possono clonare individui di entrambi i sessi? Cioè un clone può anche essere maschio? La seconda domanda è: come mai si dice che si è lontani dalla clonazione dell’uomo? Da profana ritengo che dopo essere riusciti a clonare un qualsiasi essere vivente diventa possibile ripetere l’esperimento usando tutte le specie. Se è così chi fermerà l’uomo dalla voglia di provarci…. Una terza (e ultima) domanda: gli individui clonati (maschi o femmine che siano) sono sterili o possono avere figli in modo naturale?

Giovanni Porta
Giovanni Porta

Gentile signora,
lo sviluppo embrionale normale, ovvero la formazione di un bambino, deriva dalla fecondazione di una cellula uovo da parte di uno spermatozoo; ciascuna delle due cellule sessuali ha metà del patrimonio genetico della specie, una copia per ciascun cromosoma, mentre l’embrione e le cellule da esso derivate che andranno a costituire i tessuti (cellule somatiche) avranno un genoma completo composto da due copie per ciascun cromosoma, una di origine materna e una di origine paterna. La clonazione animale consiste nel trasferimento del nucleo di una cellula somatica all’interno di una cellula uovo privata del nucleo; trovandosi ad avere in questo modo un genoma completo con due copie per ciascun cromosoma, la cellula uovo dà inizio allo sviluppo di un embrione clonato, geneticamente identico alla cellula donatrice del nucleo. Potendo utilizzare le proprie stesse cellule uovo, solo le femmine possono effettivamente clonarsi.
Bisogna distinguere due tipi di clonazione. Si parla di clonazione riproduttiva quando l’embrione clonato viene impiantato in utero per dare origine a un organismo clonato, ottenendo un animale geneticamente identico a quello di provenienza della cellula donatrice. Si parla invece di clonazione terapeutica quando le cellule che compongono l’embrione clonato vengono utilizzate per la produzione di cellule staminali embrionali che possano poi essere differenziate in diversi tessuti specializzati.
In generale, la clonazione è ad oggi una tecnica scarsamente efficiente, in quanto la percentuale degli embrioni che superano le prime fasi dello sviluppo è molto bassa. Questo è dovuto al fatto che nello sviluppo fisiologico vi sono alcuni eventi di riprogrammazione del genoma (modificazioni epigenetiche) che avvengono lentamente nel corso della vita della cellula uovo e dello spermatozoo, mentre al contrario nell’embrione clonato questi eventi si verificano in un intervallo di tempo molto ristretto e si generano frequentemente errori che ne arrestano lo sviluppo.
Dal 1997, anno di nascita della pecora Dolly, primo animale clonato, la clonazione riproduttiva è stata applicata alla maggior parte delle specie animali di laboratorio. In generale solo l’1-3% di embrioni clonati dà origine ad animali nati vivi a termine di gravidanza. In quasi tutti casi i neonati presentano alterazioni e anomalie rilevanti a livello di diversi organi, e gli animali che superano il periodo neonatale presentano in età adulta obesità, aumento del rischio di tumori e morte prematura. Gli animali clonati sono teoricamente in grado di riprodursi. La clonazione riproduttiva non è stata applicata sull’uomo per chiare motivazioni etiche.
Nel caso della clonazione terapeutica, l’obiettivo è quello di ottenere cellule staminali proprie di un individuo che possano essere differenziate in tipi cellulari specializzati da utilizzare teoricamente per la riparazione di tessuti danneggiati. Questo sistema permetterebbe di evitare i rischi di rigetto legati ai trapianti e potrebbe essere utilizzato nel caso di patologie neurodegenerative e in alcune malattie genetiche. L’applicazione della clonazione terapeutica sull’uomo è limitata, oltre che dalle difficoltà tecniche e dal dibattito etico, dal fatto che ad oggi non si può escludere che le cellule ottenute per clonazione terapeutica una volta impiantate nell’organismo possano dare origine a neoplasie. Con cordialità.

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