Idrocefalia interna ostruttiva in una bimba di 6 mesi

Dottor Carlo Efisio Marras A cura di Dottor Carlo Efisio Marras Pubblicato il 05/02/2024 Aggiornato il 05/02/2024

Una bambina con idrocefalia interna ostruttiva richiede necessariamente di essere trattata con interventi mirati a ristabilire l'equilibrio del liquor.

Una domanda di: Paolo
Bimba di 6 mesi (parto gemellare) affetta da idrocefalia interna ostruttiva operata (4/12/23) per eliminare tensione dai ventricoli, metodo endoscopico, (20/12/23) montato shunt interno ventricolo peritoneale, attualmente ancora ricoverata, ora ha problemi di drenaggio e ventricoli ingranditi.
Chi le scrive è il nonno della bambina, visto che è previsto un nuovo intervento (che preoccupa tutta la famiglia) per eliminare i problemi descritti, le chiedo un parere, anche se credo, per lei, difficile con i pochi dati a disposizione. Siccome la bambina è ricoverata in un ospedale di Bucarest appena possibile la vorremmo trasferire a Roma.
Carlo Efisio Marras
Carlo Efisio Marras

Gentile nonno Paolo,
mi dispiace per il momento difficile che state attraversando. Quando accadono eventi di questo tipo sorgono grosse preoccupazioni; non si riesce ad avere la sufficiente lucidità per affrontare la situazione e confrontarsi con chi ha in cura la piccola per comprendere più chiaramente quale sia il suo percorso di cura e le sue attuali condizioni.
In realtà non conosco la causa che ha determinato l’idrocefalo della bambina. Solitamente può insorgere per un’emorragia del tessuto che delimita i ventricoli (più frequente nei prematuri) o per condizioni di tipo malformativo che impediscono il corretto flusso del liquor con la conseguente dilatazione dei ventricoli.
In questi casi si osserva un incremento della circonferenza cranica, la fontanella assume un aspetto “bombato” (si parla di fontanella piena o tesa) e l’ecografia dell’encefalo oltre a documentare la dilatazione dei ventricoli e la relativa causa (solitamente un coagulo) può evidenziare un’alterazione del flusso arterioso cerebrale misurabile con il cosiddetto indice di resistenza che quando raggiunge valori superiori a 0.7 descrive una situazione patologica, potenzialmente nociva per il paziente.
In questi casi è necessario intervenire chirurgicamente; nei neonati di basso peso o nei prematuri solitamente si posiziona un catetere ventricolare connesso ad un piccolo serbatoio sottocutaneo che può essere periodicamente utilizzato per drenare la quota di liquor in eccesso e proteggere così le strutture cerebrali dalla compressione esercitata dai ventricoli dilatati.
Quando sono ancora necessarie delle punture evacuative e la piccola raggiunge un peso adeguato, si procede con il posizionamento di un sistema di derivazione interno chiamato derivazione ventricolo peritoneale che permette di drenare il liquor in eccesso dai ventricoli in cavità addominale e riassorbito dal peritoneo (membrana sierosa che avvolge l’intestino e gli organi addominali dotata di fisiologica proprietà).
Una soluzione alternativa consiste nel creare, con il supporto di un endoscopio, una comunicazione nei ventricoli (detta stomia) che permette di superare l’ostacolo determinato dal coagulo o dalla malformazione e ripristinare un adeguato flusso di liquor.
Nei neonati e nei lattanti la possibilità di successo della metodica endoscopica non è particolarmente elevata ma, data la prospettiva di evitare il posizionamento di un presidio impiantabile come la derivazione, si considera come opzione terapeutica.
Nel caso della piccola, data l’inefficacia dell’intervento endoscopico, si è provveduto a posizionare la derivazione. Purtroppo, dal suo racconto, sembra che la derivazione non funzioni come atteso, ostacolando un adeguato drenaggio. In questi casi è necessario ripristinare la pervietà del sistema ed eseguire un intervento di revisione del sistema di derivazione liquorale.
Si tratta di procedure chirurgiche brevi e non particolarmente complesse che richiedono comunque una gestione chirurgica molto accurata sia per ridurre la possibilità di un loro malfunzionamento che per evitare la comparsa di infezioni che talvolta possono rendere il percorso di cura più lungo e complesso.
I sistemi di derivazione possono essere mantenuti a lungo, talvolta per tutta la vita, ma sono ben tollerati e la loro presenza non ha alcun effetto limitante lo svolgimento delle normali attività e non influisce negativamente sulla qualità della vita.
Mi auguro che queste mie osservazioni siano state di supporto e contribuiscano a superare questo difficile periodo. Un caro saluto.

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