Parla pochissimo a 26 mesi di età: c’è da preoccuparsi?

Dottoressa Daniela Biatta A cura di Daniela Biatta - Dottoressa specialista in Medicina generale Pubblicato il 12/05/2024 Aggiornato il 14/05/2024

A 26 mesi non c'è da allarmarsi se il bambino ha un vocabolario ancora molto modesto: quello che conta, infatti, è che dimostri di comprendere tutto quello che gli viene detto e che, più in generale, non dimostri di avere alcun problema.

Una domanda di: Gabriela
Salve ho un bimbo di 26 mesi. È un bimbo molto sveglio e attivo ma parla poco. Dici pochissime parole una quindicina, e poi parla a modo suo. Con
lui si parla tantissimo, sa indicare tutto, fa tutto quello che gli chiedi (se ha voglia), fa i versi dei animali e imita i suoni delle campane, aereo,
macchina, sirene, strumenti musicali , conosce le parti del suo corpo e porta quello che gli chiedi ma di parlare poco nulla.
Daniela Biatta
Daniela Biatta

Cara mamma,
la comprensione e la produzione del linguaggio sono interdipendenti, nel senso che la capacità di comprensione è un buon predittore su quella che sarà la ricchezza del vocabolario.
Gli studi dicono che se un bambino a 24 mesi possiede un vocabolario espressivo composto da meno di 50 parole, è possibile ipotizzare un ritardo nell’acquisizione del linguaggio.
Se il bambino non ha indicativamente raggiunto questo obiettivo, non significa dover necessariamente accendere le sirene d’allarme, anche se è vero che intervenire precocemente è più facile e che se miglioro l’acquisizione di vocaboli, miglioro anche lo sviluppo della fase successiva, che è l’emergere della grammatica.
I criteri per indicare una difficoltà nello sviluppo del linguaggio a due anni seguono sia criteri linguistici sia criteri clinici.
Nei primi, come detto in precedenza, abbiamo un vocabolario espressivo inferiore alle 50 parole e nessuna combinazione di due parole in un unico enunciato.
Nei criteri clinici rientra: esame neurologico normale, assenza di deficit sensoriali importanti, un quoziente non verbale nella norma, assenza di disturbi relazionali e di deprivazione ambientale.
Le variabili individuali sono tante e importanti. Parlare innanzitutto con il pediatra, aiuta ad identificarle.
In questa prima parte della risposta le ha scritto la logopedista – madre. Nella seconda parte le scrive la madre-logopedista e le consiglio: prenda un quaderno e scriva quante parole dice il suo bambino (non deve segnare solo le parole pronunciate correttamente, ma tutte. Se il gatto lo chiama “mao” segni “mao “con accanto la parola corretta). Nel conteggio delle parole che pronuncia anche ”mao” è una parola.
Questo quaderno le servirà non solo per sapere quante parole padroneggia, ma anche per monitorare l’evoluzione del suo vocabolario.
Riduca la complessità di quanto gli dice e utilizzi enunciati brevi, parlando più lentamente sempre alla sua altezza, in modo che lui riesca ad osservare i movimenti della sua bocca. Ripeta ciò che lui dice espandendo con l’aggiunta di una parola. Utilizzi i libricini, la lettura dialogica è perfetta a questa età.
Nella speranza di esserle stata utile, la abbraccio.

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