Che cos’è l’ADHD (sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività)?

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 23/01/2018 Aggiornato il 23/01/2018

Con l'acronimo ADHD si allude all' Attention Deficit Hyperactivity Disorder, che in italiano si traduce in "sindrome da deficit dell'attenzione e iperattività". Secondo le stime il disturbo (nelle sue forme più o meno accentuate) interessa tra l’1 e il 3 per cento della popolazione in età scolare.

Una domanda di: Viktoria
Io vorrei sapere che cose l’hdah (ADHD).
Come si manifesta e l’età in cui può essere diagnosticata
Vi ringrazio anticipatamente
Leo Venturelli
Leo Venturelli

Gentile signora,
immagino che lei si stia riferendo all’ADHD, acronimo della definizione inglese Attention Deficit Hyperactivity Disorder, che in italiano si traduce
in “sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività”. Secondo le stime il disturbo (nelle sue forme più o meno accentuate) interessa tra l’1 e il 3 per cento della popolazione in età scolare (in
Italia si tratta di alcune decine di migliaia di bambini). La prevalenza delle forme gravi (definite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità
“disturbo ipercinetico”) che necessitano anche della terapia farmacologia, in associazione con la terapia psicocomportamentale, è stimata intorno all’1
per mille della popolazione in età scolare (in Italia circa 5000 bambini). L’ADHD è un disturbo delle sfera psichica che si sviluppa in età infantile,
e si manifesta in genere prima dei sei anni di età, anche se di norma la diagnosi viene posta solo dopo l’ingresso nella scuola primaria. Prevale nei maschi, in
un rapporto sei a uno. Può manifestarsi in tre diverse forme: con l’incapacità di stare attenti, associata all’ iperattività; oppure con la sola
disattenzione o, ancora, con la sola iperattività. I sintomi dell’iperattività sono: irrequietezza continua, incapacità di stare seduti a
scuola e di osservare qualsiasi regola, comportamenti sempre inadeguati al luogo, insofferenza marcata nei confronti delle attese, invadenza. I sintomi
della disattenzione sono: incapacità di concentrarsi a scuola e nel gioco, di portare a termine i compiti o altre piccole incombenze, di organizzarsi,
unita a un’importante sbadataggine. Se prevale la disattenzione, il bambino viene ingiustamente giudicato “meno intelligente” rispetto alla media,
mentre se predomina l’iperattività viene considerato una “peste”, un maleducato privo di regole, un bambino ingestibile (riconoscere la sua
sofferenza è realmente difficile, ma farlo è di fondamentale importanza per gestire al meglio la situazione e aiutarlo a stare bene con gli
altri e con se stesso). Le cause dell’ADHD non sono del tutto chiare. Di certo si sa che ha una base multifattoriale e che è influenzata dalla
familiarità. L’ipotesi è che vi sia un legame con un’anomala organizzazione delle aree del cervello che presiedono l’autocontrollo, la capacità di stare
attenti, la possibilità di controllare e programmare il proprio comportamento in base agli stimoli dell’ambiente. Queste zone cerebrali
utilizzano come mediatori la dopamina e la noradrenalina che, nelle forme gravi di ADHD, sono probabilmente carenti in modo significativo. In altre parole,
l’ADHD si sviluppa su una base di vulnerabilità che fattori sociali e relazionali possono accentuare o diminuire. Da qui la ferma convinzione di
tutti gli specialisti che il primo approccio terapeutico non sia quello farmacologico e che i fattori ambientali debbano essere presi in
considerazione sia come potenziali concause della malattia, sia come aspetti su cui intervenire quando si elabora il piano di cura.
Per quanto riguarda la diagnosi, esistono protocolli codificati, grazie a cui il neuropsichiatria infantile può riuscirci a formularla, tuttavia va
detto che le difficoltà esistono anche per gli specialisti più esperti perché ciascun sintomo del disturbo può essere in relazione con
caratteristiche psicologiche del bambino e non rappresentare, dunque, l’espressione della malattia. Nelle forme lievi il confine tra temperamento
e malattia è cioè molto sottile. E’ vero anche però che determinati atteggiamenti di iperattività o di disattenzione quando sono numerosi,
eccessivamente marcati e si protraggono nel tempo, compromettendo la qualità della vita del bambino e della sua famiglia non possono essere attribuiti a
una semplice questione di temperamento e meno ancora di cattiva educazione. In ogni caso, se si sospetta un ADHD è d’obbligo far visitare il bambino al
più presto, perché intervenire tempestivamente è di estrema importanza. La più pericolosa conseguenza di un ADHD trascurato è il disadattamento
sociale, soprattutto in adolescenza, derivante dall’incapacità di relazionarsi con gli altri e di rispettare le regole della pacifica
convivenza. A questo si aggiunge la temibile possibilità che il bambino ADHD, una volta diventato adolescente, compia azioni pericolose per la sua
incolumità fisica (droghe, alcol, alta velocità sulla strada). Questi rischi sono dovuti in parte al disagio e in parte ai fallimenti (a scuola, nell’amicizia,
nell’amore) e alla disapprovazione altrui, a cui un bambino e poi un adolescente con deficit dell’attenzione e iperattività è continuamente
esposto. Al riguardo va detto che è possibile che i disturbi di comportamento che spesso complicano in modo drammatico la malattia siano
favoriti soprattutto dalle risposte che il bambino riceve dall’ambiente esterno a causa dei suoi atteggiamenti che respingono e vengono giudicati
esasperanti dai famigliari e inaccettabili da tutti gli altri. Spero di averle chiarito il quadro. Con cordialità

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