Progesterone in gravidanza: influenza l’orientamento sessuale del feto?

Dottor Antonio Clavenna A cura di Antonio Clavenna - Dottore specialista in Farmacia Pubblicato il 09/10/2019 Aggiornato il 09/10/2019

Al momento non ci sono studi che hanno dimostrato con sicurezza che i figli di madri che hanno assunto progesterone in gravidanza hanno più probabilità di diventare omosessuali.

Una domanda di: Una mamma iperpreoccupata
Gentile dottore, qualche giorno fa le ho fatto una domanda in cui, tra le altre cose, le domandavo chiarimenti riguardo uno studio pubblicato nell’aprile 2017 che si intitolava “ Prenatal exposure to progesterone affectssexualorientation in humans” in quanto durante la mia prima gravidanza ho assunto 2 ovuli di progefikk 200 al giorno da inizio gravidanza alla 14esima settimana, e in quanto il mio ginecologo ha intenzione di riprescrivermi la stessa cura in caso di una seconda gravidanza. Ho alcuni ulteriori dubbi che mi sono sorti dopo la risposta che mi ha fornito.
Lei mi ha detto che lo studio da solo non è sufficiente nello stabilire se il progesterone assunto durante in gravidanza sia in grado di influenzarel’orientamento sessuale del nascituro, ma che “ i fattori che possono influenzare l’ orientamento sessuale sono molteplici e l’esposizione agli ormoni sessuali in gravidanza potrebbe essere uno di questi”. Ci sono quindi altri studi che hanno dimostrato un’associazione tra assunzione di progesterone in gravidanza e orientamento sessuale/omosessualità?
Sto cercando ( anche se non sono in grado non essendo medico ) di valutare l’affidabilità/veridicità dell’articolo sopracitato, e leggendolo mi è saltata all’occhio una cosa che non riesco a spiegarmi e che lei mi potrebbe aiutare a capire: lo studio è stato pubblicato nel 2017 e afferma che ha preso in esame donne che durante la gravidanza avevano assunto il progesterone. Le donne prese in esame avevano da quanto ho compreso avuto la gravidanza tra il 1959 e il 1961. I ragazzi nati da queste gravidanze sono stati intervistati e hanno partecipato allo studio quando avevano, come età media, 23 anni circa. Quindi, se tutto mi è chiaro, all’inizio degli anni 80! Come mai lo studio è stato quindi pubblicato nel 2017, quindi quasi 40 anni dopo? I dati non possono essere stati presi da database ( facendo quindi una sorta di studio retrospettivo) in quanto è specificato che i partecipanti allo studio hanno dovuto compilare questionari e condurre un colloquio con uno psicologo. Può spiegarmi questo “errore”? Per me è molto importante capire quanto veritiero e ben condotto sia questo articolo, in quanto mi trovo a un bivio: da una parte non voglio assolutamente prendere progesterone durante la mia eventuale futura gravidanza, dall’altra mi preoccupa andare contro una prescrizione che il mio ginecologo mi darà, e magari rischiare un aborto per un articolo che magari non ha validità scientifica.
Ho letto tutto l’articolo e, con tutti i miei limiti sulla poca conoscenza dell’analisi statistica e sulla non perfetta conoscenza dell’inglese che mi ha reso poco chiari alcuni passaggi, mi pare che l’articolo sia molto ben fatto e i risultati siano schiaccianti: ad esempio i gruppi caso-controllo appaiono ben appaiati,lo studio è a doppio cieco, e i risultati rivelano addiriutta che nel gruppo degli “esposti” al progesterone, più grande era la dose ricevuta e più vi era la probabilità di avere comportamenti omosessuali. Mi sembra quindi che le prove che “incriminano” il progesterone siano schiaccianti. Mi chiedo quindi come mai questo studio non possa stabilire con discreta certezza che il progesterone sia responsabile di una deviazione dell’orientamento sessuale. So che il campione è basso, ma in fondo, considerati tutti i criteri di esclusione, nemmeno così tanto. Ciò nonostante il progesterone continua a essere largamente prescritto a gravide inconsapevoli.
Grazie mille.

Antonio Clavenna
Antonio Clavenna

Gentile signora,
provo a fornire una risposta alle sue domande:
1) Gli studi che hanno valutato la possibile influenza degli ormoni prenatali sull’orientamento sessuale (giungendo a risultati non conclusivi) sono stati condotti in animali da laboratorio o riguardano prevalentemente sindromi che comportano un’alterazione della produzione di ormoni sessuali.
Per esempio, alcuni studi hanno osservato una maggior frequenza di orientamento non-eterosessuale in donne con iperplasia surrenalica congenita (che comporta una maggior produzione di ormoni maschili), mentre altri studi hanno osservato una possibile associazione tra l’esposizione a testosterone durante la gravidanza e l’orientamento sessuale.
Riguardo, nello specifico, al progesterone: alcuni studi molto datati (fine anni ’70) avevano osservato una maggior preferenza per i giochi di tipo “maschile” nelle bambine nate da mamme che avevano assunto progestinici androgenici in gravidanza. A quanto di mia conoscenza, quello da lei citato è il primo studio a osservare un’influenza sull’orientamento sessuale.
2) Non sono in grado di fornire una risposta alla sua domanda circa la ragione per la quale lo studio sia stato ubblicato anni dopo la sua realizzazione. Posso confermare che la sua interpretazione è corretta: le analisi presentate sono parte di uno studio che ha coinvolto una coorte (gruppo) di nati tra il 1959 e il 1961. L’età media al momento dell’intervista per valutare l’orientamento sessuale era di 23,2 anni. Quella presentata dai ricercatori è un’analisi eseguita su dati raccolti in passato (alcuni dei dati pubblicati nel 2017 erano già stati riportati in una tesi del 2002). A volte è possibile che, di fronte a nuove ipotesi di ricerca, vengano effettuate delle analisi anche su dati raccolti in precedenza: questo non riduce la possibile attendibilità dello studio. Occorre, però, considerare che osservazioni riguardanti donne che hanno avuto una gravidanza circa 60 anni fa (e i loro neonati) potrebbero non essere applicabili a gravidanze intercorse oggi.
3) Per potere considerare come probabile un’associazione di tipo causa-effetto tra due eventi (per esempio farmaco-effetto indesiderato) è necessario che l’osservazione sia replicata in più studi. Tranne rare eccezioni, un solo studio può segnalare un possibile rischio, ma non è sufficiente a provare che il farmaco X è causa del problema Y.
Nel caso dello studio in esame ci sono dei limiti (alcuni dei quali riconosciuti dagli stessi autori) che devono essere considerati, al di là della numerosità limitata. Ne sottolineo alcuni, a titolo esempificativo. I casi e i controlli sono stati appaiati per variabili che riguardano prevalentemente la gravidanza e il parto, non lo sono per quanto successo dopo il parto. Sappiamo che un gruppo è stato esposto a progesterone in gravidanza e l’altro no, ma i due gruppi sono confrontabili per altre variabili? Per fare un esempio, la percentuale di mamme single e di gravidanze non pianificate era molto più elevata tra i controlli rispetto ai casi esposti al progesterone nel corso della gravidanza. Un altro possibile limite è che la valutazione dell’orientamento sessuale è stata effettuata in un’età tra i 20 e i 25 anni e non è detto che sia rappresentativa di quella dell’età adulta. Gli stessi autori ritengono indispensabili ulteriori studi di valutazione a distanza di tempo. E’ necessaria, quindi, qualche cautela nell’interpretazione di questi dati.
Non posso che suggerirle nuovamente di sottoporre i suoi (legittimi) dubbi e timori al suo ginecologo così da valutare insieme la terapia con progesterone.
Cordiali saluti.

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