Toxoplasmosi contratta in gravidanza: quali rischi?

Dottor Fabrizio Pregliasco A cura di Fabrizio Pregliasco - Dottore specialista in Infettivologia Pubblicato il 28/01/2024 Aggiornato il 28/04/2024

Le conseguenze a cui apre la strada contrarre la toxoplasmosi in gravidanza sono numerose e gravi, se però si inizia la cura subito dopo il contagio è possibile limitare i potenziali danni.

Una domanda di: Luisa
Salve. Ho fatto le analisi per la toxoplasmosi a inizio gravidanza (10 settimane) e Igm e Igg risultavano entrambe negative.
Ho ripetuto le analisi un mese dopo a 14 settimane e sono risultate entrambe positive con avidity bassa per cui è certo che ho contratto un’infezione acuta.
Ho iniziato la cura con spiramicina e attendo di poter fare l’amniocentesi fra 4/6 settimane. Che possibilità di rischio ha il feto di essere stato infettato?
L’amniocentesi darà un risultato certo? Il protozoo ha un periodo di incubazione o è subito aggressivo verso la placenta?
La ringrazio.
Fabrizio Pregliasco
Fabrizio Pregliasco

Cara signora,
le statistiche ci dicono che le probabilità di trasmissione della toxoplasmosi al feto aumentano a mano a mano che la gravidanza progredisce, anche se le conseguenze più gravi sono quelle conseguenti a un contagio che si verifica nelle prime settimane. I rischi peggiori legati a questa eventualità sono l’aborto spontaneo, le lesioni cerebrali (con ritardo mentale ed epilessia), le malformazioni, la compromissione della vista fino alla cecità. Se l’infezione viene contratta più avanti, è invece possibile che il feto nasca apparentemente sano, tuttavia per tutto il primo anno di vita dovrà essere preso in carico da un centro specializzato perché sarà necessario monitorarlo al fine di escludere danni al cervello e agli occhi che potrebbero non essere rilevabili immediatamente dopo la nascita. Il neonatologo dell’ospedale in cui partorirà le saprà indicare con precisone il da farsi. Per quanto riguarda le cure, è vero che il trattamento, diciamo così, tradizionale, prevede l’assunzione di spiramicina, tuttavia esiste anche un’associazione di antibiotici (pirimetamina e sulfadiazina) che si è dimostrata più efficace nell’evitare la comparsa di sintomi tardivi nel bambino (dopo i primi mesi o, addirittura dopo l’anno di vita). In generale, più il trattamento viene iniziato tempestivamente (cioè il prima possibile dopo il contagio materno) più aumentano le probabilità che il feto non subisca danni. L’amniocentesi in casi come il suo si può fare già a partire dalla 15^ settimana: a partire da quest’epoca si può infatti valutare se il toxoplasma gondii è riusciti a oltrepassare la placenta e a infettare il bambino. In generale, la toxoplasmosi che si contrae ingerendo carne o verdure contaminate ha un’incubazione piuttosto lunga, può essere addirittura di più di tre settimane. Mi chiedo comunque che cosa le abbia detto il suo ginecologo, per esempio le ha magari proposto di non attendere la 20^ settimana per fare l’amniocentesi? Cordialmente.

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