Quanto fanno male i raggi X?

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 04/10/2019 Aggiornato il 04/10/2019

Poiché potenzialmente i raggi X sono dannosi, anche in minime quantità, un esame radiologico deve essere effettuato solo nei casi in cui i benefici superino i rischi a cui espone e, allo stesso tempo, non vi sia la possibilità di eseguire indagini diagnostiche alternative (senza l'impiego dei raggi).

Una domanda di: Antonio
Oggi ho dovuto fare una Rx al torace (2 proiezioni) a mia figlia di 14 anni.E’ stato il medico a consigliarla, per un po’ mi sono opposto perché 10 anni fa ha fatto una Rx torace (2 proiezioni) per ben 2 volte a distanza di poche settimane: allora la bambina aveva 5 anni. Poi un’ altra nel 2011 e un’ altra nel 2013 e ancora un’altra al bacino nel 2015. Cosa rischia mia figlia con questa ulteriore Rx fatta sempre ai polmoni? Quante radiazioni avrà assorbito? E dopo quanti anni potremo stare tranquilli? Grazie.

Risponde la dottoressa Raffaella Azzeroni, Servizio di Fisica Sanitaria *, Ospedale San Paolo – Polo Universitario ASST Santi Paolo e Carlo, Milano.
La dose assorbita di radiazioni ionizzanti (raggi X) in radiologia “tradizionale” è in genere molto bassa: ad esempio, la dose dovuta a un semplice esame a raggi X come una radiografia del torace o una radiografia del cranio, dell’addome, della regione pelvica o degli arti è più piccola di quella ricevuta ogni anno da fonti naturali di radiazioni nell’ambiente quotidiano. Tutti noi siamo esposti ai raggi cosmici provenienti dallo spazio, alle radiazioni prodotte dai materiali radioattivi naturali presenti nel suolo, nell’acqua, nel cibo, nell’aria e persino nel corpo; tutte queste sorgenti costituiscono il fondo di radiazioni di origine naturale. Se si considera che la dose media dovuta a tale fondo nel nostro paese è mediamente pari a 2,5 mSv all’anno, un RX del torace “equivale” a una esposizione aggiuntiva pari a 3 giorni di fondo naturale (circa 0.02 mSv).
Ad oggi non è certo se esista un rischio a dosi molto basse e, in tal caso, si considera molto esiguo: non ci sono, infatti, evidenze scientifiche sicure in merito ma si presume, in maniera cautelativa in base a quello che è stato riscontrato alle esposizioni ad alte dosi (le bombe di Hiroshima e Nagasaki o gli esperimenti nucleari svolti nel Pacifico negli anni ‘50), che anche a basse dosi non si possa escludere la probabilità, seppur bassissima, di ammalarsi di tumore o di avere danni genetici.
In media una persona su tre può sviluppare un tumore nel corso della propria esistenza. Un esame RX tradizionale potrebbe aumentare, anche se di pochissimo (1/10000), il normale rischio di sviluppare tumori in futuro. Esami radiologici come TC o procedure interventistiche sono associati a dosi da 100 a 1000 volte maggiori delle radiografie tradizionali e quindi hanno probabilità più alta di effetti biologici avversi. I bambini sono più sensibili agli effetti dei raggi X perché i loro tessuti e organi sono in fase di crescita e perché hanno una aspettativa di vita maggiore di quella di un adulto, per cui vi è più tempo per l’eventuale comparsa di effetti radio-indotti. Per questo motivo nel caso di pazienti pediatrici viene posta maggiore attenzione all’esecuzione di esami radiologici. Al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all’esposizione alle radiazioni ionizzanti in ambito medico, le comunità scientifiche hanno definito due principi fondamentali: il principio di giustificazione e il principio di ottimizzazione. Ogni esame radiologico deve essere preventivamente “giustificato” ovvero solo se i benefici attesi superano i rischi connessi all’esposizione si procede con l’effettuazione dell’indagine radiologica, dopo aver anche valutato la possibilità di ottenere le stesse informazioni da indagini diagnostiche alternative che non usano raggi X. In caso di esecuzione dell’esame deve essere fornita al paziente la più piccola quantità di radiazione necessaria compatibilmente con il raggiungimento dell’informazione diagnostica (“ottimizzazione”).
Tali principi sono stati adottati dalle normative internazionali e nazionali (D.Lgs. 187 del 26.05.2000 in materia di radioprotezione dei pazienti) e sono continuamente monitorati dagli organismi di vigilanza”.

* Nota della redazione: Lo specialista in fisica medica (o Esperto in Fisica medica), le cui competenze sono definite nel D.Lgs. 187/00, è la persona esperta nella protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse alle esposizioni mediche. Possiede le cognizioni, la formazione e l’esperienza necessarie a operare o a esprimere pareri su questioni riguardanti la fisica delle radiazioni applicata alle esposizioni in ambito sanitario. Nella pratica clinica agisce o consiglia sulla dosimetria dei pazienti, sullo sviluppo e l’impiego di tecniche e attrezzature complesse, sull’ottimizzazione, sulla garanzia di qualità delle apparecchiature radiologiche usate per diagnostica e terapia.

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